

#3 08 agosto 2025
SANITÀ NELLE AREE INTERNE:
OSPEDALI DA RIPENSARE
Il tema dell’assistenza sanitaria nelle aree interne del Paese riguarda circa il 60% del territorio nazionale, che conta una popolazione complessiva che si aggira intorno ai 13,3 milioni di abitanti, ovvero quasi un quarto della popolazione italiana. Una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi, come istruzione, mobilità e servizi socio-sanitari, e un progressivo declino demografico sono elementi che accomunano le zone dell’entroterra. Pertanto, le aree interne necessitano di interventi specifici rivolti ad assicurare equità di accesso e qualità delle cure ai residenti.
La provincia di Avellino rappresenta un tipico esempio di area interna. Nel panorama sanitario campano, l’esperienza del plesso ospedaliero Agostino Landolfi di Solofra, oggi parte integrante dell’Azienda San Giuseppe Moscati di Avellino, può essere un esempio concreto di best practice da valorizzare e replicare.
Per capirne il perché, bisogna fare un passo indietro. L’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di Alta Specialità San Giuseppe Moscati è strutturata su due presidi ospedalieri territorialmente distinti, ma funzionalmente integrati: il Plesso di Avellino – “Città Ospedaliera” e il Plesso “Agostino Landolfi” di Solofra. Quest’ultimo è stato annesso all’AORN Moscati con il Decreto Commissariale n. 29 del 2018. Dista circa 15 km dalla Città Ospedaliera (tempo di percorrenza medio: 20-25 minuti in auto).
I due plessi, pur collocati in comuni diversi, fanno parte di un’unica rete assistenziale integrata, finalizzata a garantire continuità delle cure, ottimizzazione delle risorse e ampliamento dell’offerta sanitaria a beneficio del territorio provinciale e regionale.
A seguito dell’annessione del Presidio di Solofra dall’Asl Avellino all’Azienda San Giuseppe Moscati, è stato avviato un importante processo di riorganizzazione e riconversione funzionale dell’ospedale. Questo percorso si è fondato su un’attenta analisi dei bisogni sanitari del territorio, della sostenibilità economico-gestionale e delle opportunità di valorizzazione delle strutture già esistenti, in linea con i dettami del Decreto Ministeriale n. 70, del 2 aprile 2015, che definisce standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.
Preso atto della inefficienza del Pronto soccorso del plesso solofrano (nel 2019, su circa 20mila accessi annui, l’87% era costituito da codici verdi e bianchi, con soli 4 codici rossi immediatamente trasferiti, a riprova della potenziale pericolosità di tale organizzazione. Tale distribuzione, inoltre, evidenziava come l’attività del PS fosse prevalentemente orientata a casi non urgenti, che potevano trovare più adeguata collocazione in contesti ambulatoriali o territoriali), in linea quindi con il DM 70/2015, si è preferito concentrare l’attività di emergenza in strutture adeguatamente attrezzate e trasformare Solofra in un polo di riferimento per attività ambulatoriali e riabilitative di qualità, realmente utili alla popolazione. Dopo una chiusura durata 29 mesi per realizzare una completa ristrutturazione e messa in sicurezza del plesso, è stata attuata quindi una scelta necessaria e responsabile per garantire la qualità, la sicurezza e l’appropriatezza dell’assistenza ospedaliera, operando una riconversione strutturale e funzionale, al fine di razionalizzare l’offerta sanitaria e le risorse umane e tecnologiche, integrare l’offerta sanitaria dei due plessi della stessa Azienda, potenziare servizi realmente necessari al territorio.
Il percorso attuato ha visto la trasformazione del Landolfi da presidio con Pronto soccorso a bassa intensità, in una struttura integrata e complementare all’alta specializzazione dell’AORN Moscati, con una vocazione spiccatamente ambulatoriale.
Sono state implementate scelte gestionali orientate a valorizzare il plesso come punto di riferimento per l’attività ambulatoriale esterna, con particolare attenzione alla diagnostica specialistica e alla presa in carico di patologie croniche.
Questa trasformazione ha permesso un incremento significativo dell’attività ambulatoriale specialistica (si rimanda alla tabella dei trend che evidenzia l’aumento progressivo delle prestazioni erogate); il mantenimento e potenziamento dell’attività di ricovero; un migliore utilizzo delle risorse strutturali e professionali, coerente con i fabbisogni espressi dal territorio.
Il processo di riconversione è stato reso possibile grazie alla capacità di programmazione della Regione Campania, che ha sostenuto l’Azienda in un percorso di riorganizzazione coerente con le linee guida nazionali e orientato a rispondere con maggiore efficacia ai bisogni di salute della popolazione. In particolare, la Regione ha supportato investimenti tecnologici e strutturali all’avanguardia, favorito lo spostamento del baricentro dell’attività ambulatoriale dalla sede centrale di Contrada Amoretta a Solofra, posizionato l’AORN Moscati come azienda leader nella produzione ambulatoriale, come confermato dai dati di produzione (tabella di confronto attività pre/post riconversione); garantito la continuità e l’adeguato sviluppo dell’attività di ricovero, che ha registrato un trend di crescita, in parallelo all’espansione dell’offerta ambulatoriale.
Renato Pizzuti
Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Moscati
SOMMARIO #3
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SANITÀ NELLE AREE INTERNE: OSPEDALI DA RIPENSARE
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IL NUOVO PROGETTO LANDOLFI: ESEMPIO DI BEST PRACTICE DA REPLICARE – LO DICONO I NUMERI –
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FOCUS
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Quel forte bisogno del cittadino di “toccare” lo specialista
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La riorganizzazione del Landolfi in un progetto di studenti liceali
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Due vantaggi in uno a sostegno della natalità

SOMMARIO #3
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SANITÀ NELLE AREE INTERNE: OSPEDALI DA RIPENSARE
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IL NUOVO PROGETTO LANDOLFI: ESEMPIO DI BEST PRACTICE DA REPLICARE – LO DICONO I NUMERI –
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FOCUS
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Quel forte bisogno del cittadino di “toccare” lo specialista
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La riorganizzazione del Landolfi in un progetto di studenti liceali
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Due vantaggi in uno a sostegno della natalità
il nuovo progetto landolfi: esempio di best practice da replicare – Lo dicono i numeri –
L’analisi dettagliata della tabella relativa alle prestazioni erogate dalle UU.OO. del plesso di Solofra (Radiologia, Laboratorio Analisi, Dialisi) dal 2019 al 2024 evidenzia un’evoluzione significativa dell’attività clinico-diagnostica, con una netta ripresa e incremento a seguito del completamento della ristrutturazione e del rilancio del presidio.
Anche in questo caso, l’analisi dei dati del plesso di Solofra relativi al triennio 2022–2024 conferma un trend positivo, con un significativo incremento di attività nelle unità operative, grazie a trasferimenti strategici e al potenziamento strutturale e tecnologico.
Il progressivo consolidamento e potenziamento delle attività sanitarie presso il plesso Landolfi di Solofra è ben documentato nell’andamento dei dati della tabella, che riflettono l’incremento e la diversificazione delle prestazioni erogate a livello aziendale. In particolare, il 2024 segna un picco di attività, grazie anche alla piena riattivazione delle funzioni sanitarie nel presidio di Solofra.
La tabella analizza il fatturato 2024 derivante dall’attività di specialistica ambulatoriale delle aziende ospedaliere e universitarie della Regione Campania, con evidenza percentuale del contributo di ciascuna al totale regionale. L’importo complessivo ammonta a 129.819.800 €. L’AO Moscati si distingue come leader regionale nella specialistica ambulatoriale, con una quota del 17%, a testimonianza di un’elevata capacità organizzativa, varietà di offerta prestazionale e attrattività territoriale.

Presso il plesso Landolfi di Solofra si trova l’Unità Operativa di Recupero e Riabilitazione Funzionale, che è un un vero e proprio Polo Riabilitativo Polispecialistico pubblico all’avanguardia, e contribuisce a ridurre la mobilità passiva verso altre regioni. L’Unità Operativa, attrezzata di palestre e laboratori dedicati, è dotata di 30 posti letto di degenza ordinaria e 5 day hospital, offre diverse metodologie riabilitative: terapia riabilitativa convenzionale (fisioterapia, logopedia e terapia occupazionale), da sola o associata a tecnologie riabilitative e robotiche, quali:
• Sistema robotico indossabile arti inferiori per equilibrio e cammino
• Tavolo robotico per la chinesiterapia degli arti inferiori e la verticalizzazione della persona con stimolazione elettrica funzionale integrata
• Elettrostimolatore funzionale adattivo a 16 canali con cavi di derivazione di 10 mt
• Tecnologia valutativa e riabilitativa arti superiori ed inferiori
Il ricovero presso l’U.O. per la riabilitazione intensiva codice 56 è previsto in regime di degenza o in regime di Day Hospital (quest’ultimo dal lunedì al venerdì) e ha una durata variabile.
• Tecnologia basata sulla mirror therapy per l’arto inferiore
• Tavolo terapeutico digitale interattivo multisensoriale per l’arto superiore
• Dispositivo robotico end effector per arti superiori mono e bilaterale
• Pedana wireless stabilometrica e propriocettiva per equilibrio e controllo del tronco
• Pedana robotica per la riabilitazione e la valutazione funzionale di arti inferiori e del tronco
• Tecnologia robotica end effector per la riabilitazione del cammino con uno sgravio regolabile
• Tecnologia basata sulla mirror therapy per l’arto superiore
• Tecnologia robotizzata/sensorizzata per la riabilitazione monolaterale/bilaterale della mano e dell’arto superiore – guanto robotico
• Sistema robotico riabilitativo degli arti inferiori
• Sistema sensorizzato per la riabilitazione del cammino
• Sistema vibratorio per la stimolazione propriocettiva funzionale
• Stimolazione magnetica trans-cranica
• Stimolazione elettrica diretta trans-cranica
Quel forte bisogno del cittadino
di “toccare” lo specialista
Se c’è un argomento su cui è facile immaginare quello che verrà detto o scritto è quello della sanità delle aree interne. Sarà scritto o verrà detto che vanno costruiti modelli di sanità ad hoc e che questi dovranno privilegiare una sanità d’iniziativa con un approccio multidisciplinare e interprofessionale fortemente supportata dalla telemedicina. Tutte queste cose stanno dentro ad un principio di carattere generale: la sanità delle aree interne è (o almeno dovrebbe essere) una sanità a forte se non esclusiva vocazione territoriale il che equivale a dire con una robusta presenza di servizi del Distretto e del Dipartimento di Prevenzione. La presenza di un piccolo ospedale per acuti in queste aree si giustifica solo quando le distanze dalle strutture ospedaliere con Pronto Soccorso e Dipartimento di Emergenza e Accettazione eccedono rispettivamente i 60 ei 90 minuti di distanza. Questi riferimenti derivano dal Decreto Ministeriale 70 del 2015, ma corrispondono anche a considerazioni di buon senso: è inutile tentare di tenere in piedi un piccolo ospedale per acuti con enormi problemi di sicurezza e di capacità di reclutamento di professionisti, quando con un efficiente sistema di soccorso territoriale si può garantire una sostanziale equità d’accesso alle prestazioni complesse e urgenti ai cittadini che risiedono nelle aree interne.
La sanità delle aree interne, in estrema sintesi, dovrebbe compensare la offerta di “meno ospedale” per acuti con una offerta di “più territorio”. Ma la lontananza dell’ospedale viene percepita come lontananza anche del livello specialistico. E allora ci può venire in aiuto l’adozione di un’area interna da parte di una rete di ospedali che mettono a disposizione del territorio le proprie competenze specialistiche. Come ha fatto l’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino, che ha già maturato un’importante esperienza di proiezione territoriale con l’organizzazione del Plesso di Solofra. Cosa vuol dire adozione di un’area interna? Vuol dire stilare e sperimentare un progetto di presa in carico dei bisogni specialistici di quell’area a supporto della assistenza primaria (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri di famiglia e di comunità, ecc.) da parte di strutture ospedaliere delle aree immediatamente “esterne”.
Lo schema progettuale sulla carta è semplice. Dopo uno studio preliminare dei bisogni dell’area interna, vanno creati collegamenti dedicati tra le équipe di cure primarie del territorio e le varie specialità messe a disposizione della rete ospedaliera “adottante”. Queste non solo partecipano alle attività di telemedicina, ma offrono anche agende di visita e di esame strumentale dedicate sia in sede che sul territorio, percorsi diagnostico terapeutici assistenziali multidisciplinari, sedute chirurgiche dedicate per le patologie più comuni come le ernie, le colecisti e la patologia flebologica ecc. Insomma, non aspettano la domanda, ma la promuovono.
Gli specialisti devono poter essere “toccati” e non solo “visti” dai cittadini dell’area interna, cui così può ridursi quella ansia da abbandono cui sono spinti dalla perdita dei tradizionali riferimenti offerti dai piccoli ospedali che sono stati chiusi o riconvertiti. La perdita del contatto fisico e visivo tra chi vive nelle aree interne e chi lavora nelle strutture specialistiche è uno dei motivi di sfiducia nelle istituzioni sanitarie ed è alla base della convinzione di avere meno probabilità di accesso ai servizi della sanità pubblica.
Ma l’adozione da parte del livello specialistico non basta se non è accompagnata da un potenziamento vero dei servizi territoriali comprensivo di un investimento forte nella offerta residenziale e domiciliare e da un robusto sistema di emergenza territoriale. Un progetto così ha poi moltissimi possibili spin-off, ovvero progetti collaterali: un sistema di trasporti programmati gestito da volontari, le giornate dedicate alle singole problematiche (lo scompenso, il diabete, le demenze, ecc) e tanto altro ancora. Un possibile progetto collaterale potrebbe essere quello di dare una dimensione formativa e di ricerca al progetto di adozione con il coinvolgimento di Corsi di Laurea e di Specializzazione delle professioni sanitarie. Il tema delle aree interne è un tema molto sentito in Italia, un tema che ha bisogno di sperimentare e validare esperienze sul campo che vadano al di là dei principii generali su cui si può già considerare raggiunto un accordo. Non c’è alcun dubbio che un progetto di adozione come schematicamente esemplificato possa portare un contributo di idee e pratiche validate con una forte spendibilità a livello nazionale.
Un altro possibile effetto di un progetto di questo tipo potrebbe essere quello di facilitare il reclutamento dei professionisti, a partire dai medici di famiglia e dagli infermieri di famiglia e di comunità. La scelta di lavorare in un’area interna potrebbe essere favorita anche con incentivi di carattere culturale e di qualità del lavoro, oltre che con alcuni graditi incentivi economici.
Il progetto andrebbe accompagnato da iniziative di comunicazione e formazione da destinare ai cittadini, agli operatori e alle forze politiche e sociali. Il messaggio non dovrebbe essere quello di “diamo all’area interna quel che si può”, ma quello di “dare all’area interna quel che gli serve”. In questo modo si potrebbe provate a realizzare un sogno: abbattere i confini tra le aree interne e quelle “esterne” tradizionalmente meglio servite. Un sogno su cui vale la pena di lavorare ■
Claudio Maria Maffei
Medico Igienista, già Direttore Sanitario in Asl e AO delle Marche, opinionista

Due vantaggi in uno
a sostegno della natalità
Il trasferimento a Solofra del Centro per la procreazione medicalmente assistita dell’Azienda Moscati si propone di contrastare la natalità su due fronti. Da un lato è stata realizzata una struttura sanitaria avanzata e ben attrezzata, collocata in posizione centrale nell’area interna della regione, in grado di offrire alle coppie con problemi di infertilità prestazioni di qualità elevata, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, col proposito di abbattere le liste d’attesa, che nel settore pubblico sono l’ostacolo maggiore all’accesso alla PMA. Al tempo stesso, abbiamo creato nuove opportunità di lavoro per operatori sanitari, medici e ricercatori, offrendo una motivazione concreta per rimanere o trasferirsi nella zona a giovani che sono in età per avere figli. La situazione delle aree interne è drammatica sotto il profilo demografico perché la popolazione in età lavorativa si è spostata altrove. Le coppie nella fascia tra i 25 e i 38 anni sono sempre meno numerose. Questa è la prima ragione per cui la natalità è drasticamente calata. È necessario allora incentivare il ritorno dei giovani nelle aree interne offrendo lavoro, servizi, opportunità economiche e sociali. In questo senso, l’Ospedale Landolfi di Solofra è un potenziale polo di attrazione per professionisti qualificati, anche come centro di ricerca scientifica. D’altra parte, anche l’infertilità gioca un ruolo non trascurabile nella tendenza al depopolamento. Oggi in Italia il 4% dei bambini viene alla luce grazie alla PMA. Investendo in questo settore e aiutando sempre più coppie ad accedere rapidamente e gratuitamente agli strumenti di cui hanno bisogno, potremmo incrementare questa cifra almeno di un punto percentuale.
Il centro per la procreazione medicalmente assistita – laboratori, ambulatori e day surgery – ora interamente trasferito a Solofra, è nuovamente attivo dallo scorso mese di marzo. Offre al costo del ticket tutti i trattamenti previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza: fecondazione assistita omologa ed eterologa e una criobanca per la conservazione di spermatozoi, ovociti ed embrioni che può ospitare fino a 65mila campioni biologici. La procedura di raccolta e la preservazione dei gameti sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale per i pazienti oncologici che devono sottoporsi a trattamenti in grado di comprometterne la fertilità. Inoltre, le spese di conservazione sono coperte dal SSN anche per pazienti con endometriosi e malattie autoimmuni come la sclerosi multipla o l’artrite reumatoide, anche se in questi casi non è rimborsato il costo dei farmaci per la stimolazione ovarica.
Al plesso ospedaliero Landolfi si rivolgono anche utenti provenienti da altre regioni: Puglia, Molise, Calabria e Basilicata. Muniti dell’impegnativa del medico curante, possono usufruire delle stesse prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale■
Cristofaro De Stefano
ex Direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’Azienda Ospedaliera Moscati

La riorganizzazione del Landolfi
in un progetto di studenti liceali
Il Plesso ospedaliero Landolfi di Solofra, in virtù della sua utilità e anche del suo valore affettivo per la comunità locale, è stato oggetto di un lavoro svolto da studenti e studentesse del Liceo Scientifico Vittorio De Caprariis di Atripalda, che ha una sede proprio a Solofra.
«Nel corso dell’anno scolastico 2024-2025, la classe IV A del De Caprariis ha aderito a una iniziativa di monitoraggio civico su progetti realizzati con fondi pubblici, che si chiama OpenCoesione – spiega Stefania Montefusco, docente di Italiano e Latino – e ha scelto di occuparsi della ristrutturazione dell’Ospedale Landolfi».
Ragazzi e ragazze hanno esaminato i dati d’archivio relativi ai lavori svolti tra dicembre del 2021 e dicembre del 2023, hanno intervistato gli utenti del presidio e la Dirigente dell’Unità Operativa Ufficio Relazioni con il Pubblico e Comunicazione dell’Azienda Moscati e sono arrivati alla conclusione che la ristrutturazione, effettuata in parte con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha pienamente risposto alle esigenze della popolazione locale.
Il rapporto degli studenti e un video [https://youtu.be/gZHPDMuKYuQ?si=O2jqBUl6bm45Uvj8] da loro realizzato, presentati nel corso di un evento del Centro di Documentazione Europea dell’Università di Salerno, documentano l’opera di messa in sicurezza delle facciate e delle coperture, di ampliamento dei posti letto e di potenziamento della strumentazione, che hanno migliorato l’efficienza della struttura e la qualità dei servizi offerti, hanno determinato una riduzione dei tempi d’attesa e offerto risposte mirate alla comunità locale
