

LA VIOLENZA DI GENERE:
UN’URGENZA CHE NON PUÒ ATTENDERE
In un ospedale votato all’emergenza, dove ogni giorno si fronteggiano patologie acute, c’è un’urgenza silenziosa che non sempre arriva con luci lampeggianti: quella della violenza di genere e contro i minori. All’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati, con il suo Pronto soccorso di II livello, la consapevolezza è chiara: non basta curare il corpo, se non si intercettano anche le ferite invisibili. Per questo, pur nella frenesia delle urgenze cliniche, abbiamo scelto di riconoscere la presa in carico delle vittime di violenza come un imperativo etico ineludibile.
Proprio il Pronto soccorso, d’altronde, rappresenta uno degli osservatori privilegiati per l’emersione di questi casi. È lì che spesso si presentano per la prima volta donne, minori, disabili, anziani, persone LGBTQ+, che non sanno come raccontare il dolore che portano addosso. È lì che il personale sanitario – medico e infermieristico – deve essere formato, sensibile, capace di ascoltare e vedere oltre i sintomi. Abbiamo strutturato percorsi dedicati, attivato procedure operative intraospedaliere, collaborato con le istituzioni territoriali e i centri antiviolenza, perché la risposta sia tempestiva, competente e rispettosa della dignità di chi chiede aiuto.
L’Azienda, nello specifico, su impulso del Direttore del Dipartimento Materno-Infantile, Cristofaro De Stefano, che ha coordinato la riorganizzazione interna del percorso per la presa in carico delle vittime di violenza di genere e domestica, ha adottato una nuova procedura dedicata, approvata con delibera n. 600 del 21 maggio scorso. Il documento è stato completamente rielaborato alla luce delle più recenti normative – tra cui la Convenzione di Istanbul, la legge del “Codice Rosso” e le Linee guida del Ministero della Salute – per garantire una presa in carico completa, sensibile e rispettosa dei diritti della persona.
La formazione del personale rappresenta un pilastro irrinunciabile di questo approccio. Proprio in questa direzione, l’Azienda Moscati ha attivato un corso formativo in convenzione con la Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che ospita l’unico Centro Antiviolenza Pubblico a livello nazionale. Il programma, già partito con una prima edizione, è finalizzato a dotare operatori sanitari e socio-sanitari di competenze multidisciplinari: tecniche sanitarie forensi, capacità di ascolto e supporto psico-sociale, promuovendo un approccio empatico e rispettoso per restituire dignità alla vittima. Il personale formato costituisce il Team Aziendale Antiviolenza.
Fondamentale, inoltre, è la creazione di aree protette o luoghi sicuri all’interno dei reparti più esposti – Pronto soccorso, Ginecologia, Pediatria – per assicurare accoglienza, sicurezza, riservatezza e per minimizzare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”.
La strada intrapresa è quella giusta, ma non bisogna fermarsi. La sanità pubblica ha il dovere di essere luogo di cura e di umanità. Ma la sola sanità non basta: solo una rete forte, fatta di istituzioni sanitarie, sociali e giudiziarie che collaborano in modo coeso, può offrire una risposta reale. Ogni persona che trova il coraggio di chiedere aiuto deve trovare una porta aperta, mani pronte e cuori attenti. La stessa prevenzione passa dalla formazione, dall’ascolto e soprattutto da una rete che funzioni davvero. Le istituzioni hanno il dovere di agire insieme, con responsabilità condivisa, per non lasciare solo nessuno.
Ogni vittima che trova il coraggio di parlare deve sentirsi al sicuro, circondata da presidi di protezione, accoglienza, civiltà. Il solo fenomeno del femminicidio, che restituisce numeri allarmanti, ci deve interrogare ogni giorno, costringendoci a non abbassare mai la guardia. Perché ogni vittima rappresenta un fallimento collettivo.
Chiara Di Biase
Direttore Amministrativo Azienda Ospedaliera Moscati
SOMMARIO #2
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L’editoriale
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Un impegno concreto per la presa in carico coordinata
e per la tutela delle vittime
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OCCORRENZA DEI CASI DI VIOLENZA REGISTRATI ALL’A.O.R.N. MOSCATI
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FOCUS
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Prevenzione e protezione:
tutto il territorio fa rete
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Formazione alla base delle buone pratiche
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Quegli abusi spesso invisibili nei confronti degli anziani
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Glossario minimo

SOMMARIO #2
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L’editoriale
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Un impegno concreto per la presa in carico coordinata
e per la tutela delle vittime
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OCCORRENZA DEI CASI DI VIOLENZA REGISTRATI ALL’A.O.R.N. MOSCATI
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FOCUS
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Prevenzione e protezione:
tutto il territorio fa rete
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Formazione alla base delle buone pratiche
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Quegli abusi spesso invisibili nei confronti degli anziani
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Glossario minimo
Un impegno concreto per la presa in carico coordinata e per la tutela delle vittime
Nel corso del 2024, 125 persone vittime di violenza si sono rivolte al Pronto soccorso dell’Azienda Moscati per ricevere cure mediche e psicologiche. Da gennaio a maggio del 2025, erano già 130. «Numeri sicuramente preoccupanti – osserva Barbara Bonamassa, che dirige l’Unità Operativa Complessa di Rischio Clinico e Qualità -. Ma non bisogna pensare necessariamente che siano aumentati gli abusi: l’aumento dei casi potrebbe ascriversi al fatto che è migliorata la capacità degli operatori di riconoscere i segnali della violenza, grazie al nuovo percorso diagnostico terapeutico assistenziale che ha preso il via nella nostra struttura. Ed è aumentata anche la fiducia di chi si presenta al nostro Pronto soccorso per chiedere aiuto, con le numerose campagne di sensibilizzazione e al passaparola che stanno alimentando la cultura della consapevolezza».
Per rispondere con tempestività alle esigenze delle vittime di violenza, l’Azienda ha istituito un team di professionisti formati in modo specifico, attivo 24 ore su 24 per la gestione delle emergenze. Comprende l’infermiere del triage, che identifica prontamente i casi all’accesso in Pronto soccorso, il medico di turno, che prende in carico i pazienti, presta loro le prime cure e raccoglie le informazioni necessarie per avere un quadro chiaro della situazione. Il team include poi il medico legale, che documenta le prove dell’abuso, così che la giustizia possa fare il suo corso; lo psicologo, che sostiene la vittima di violenza e può richiedere, all’occorrenza, l’intervento dello psichiatra. Poi, a seconda delle circostanze e delle necessità, vengono coinvolti il ginecologo, il pediatra, l’ortopedico e altre figure specialistiche.
«Fino a ora – continua Bonamassa -, la maggior parte delle vittime prese in carico dall’Ospedale sono donne che hanno subito abusi in ambito domestico, ma il percorso assistenziale è rivolto a persone di qualunque età, genere e orientamento sessuale, oggetto di violenza in qualunque ambito e di qualunque tipo: fisica, sessuale e psicologica. Identificate al triage, vengono accolte in un ambiente riservato, la cosiddetta stanza rosa, per tutelare la privacy e garantire sicurezza. Se sono accompagnate da qualcuno che si sospetta essere l’autore della violenza, si provvede a separare l’accompagnatore. Al contrario, se con loro ci sono minori, l’Azienda si fa carico di accogliere e proteggere anche questi, fornendo sostegno psicologico in quanto vittime a loro volta di violenza assistita».
Non sempre l’accesso al percorso anti-violenza avviene attraverso il Pronto soccorso. È previsto che si attivi il percorso intraospedaliero anche su segnalazione del personale di altre Unità operative della struttura. Il personale sanitario dell’Azienda Moscati ha ricevuto una formazione specifica per riconoscere i segnali d’allarme fisici, psicologici e comportamentali della violenza, anche nei casi in cui la persona in osservazione non dichiari esplicitamente di esserne vittima.
«A questo scopo – spiega ancora Bonamassa -, è particolarmente utile anche il sistema informatico di “alert”, che, di fronte a ripetuti accessi di una stessa persona in ospedale, segnala al triagista il fenomeno, facendo in modo che gli operatori approfondiscano e verifichino che non si tratti di un caso sommerso di violenza».
Oltre all’aspetto clinico, il personale dell’Azienda Moscati assiste la vittima fino alle dimissioni protette: la mette in contatto con le forze dell’ordine, con i servizi sociali comunali o con i centri anti-violenza del territorio. Le fornisce tutti gli strumenti necessari per uscire da un’eventuale situazione di pericolo e prevenire nuovi abusi, sempre nel rispetto della sua volontà ■

Contattano l’assistente sociale della rete provinciale reperibile, che, con il consenso della vittima, può cercare una casa-rifugio sul territorio in grado di ospitare la persona dimessa ed eventualmente i suoi figli minori. Se nell’immediatezza non c’è disponibilità nelle strutture di accoglienza, il ricovero ospedaliero può essere prolungato fino a un massimo di 72 ore in attesa di una soluzione adeguata.
Il personale e l’assistente sociale ospedaliero, inoltre, forniscono alla vittima i contatti dei centri anti-violenza a cui rivolgersi per aiuto e consulenza.
Le informazioni relative al caso vengono condivise con le autorità giudiziarie e, su richiesta e previo consenso della vittima, con i centri anti-violenza e con le strutture residenziali In forma anonima, i dati vengono trasmessi alla Questura e alla Prefettura per confluire nelle statistiche nazionali ■
Prevenzione e protezione:
tutto il territorio fa rete
L’Azienda Moscati non è sola nel suo impegno per le vittime di violenza. Fa parte di una rete di enti del territorio irpino, ciascuno attivo nel proprio ambito di intervento, collegati tra loro grazie all’Intesa Operativa firmata nel 2024: la Prefettura di Avellino, la Procura della Repubblica, la Questura, il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, l’Azienda Moscati, l’Asl e le Aziende Consortili del territorio. La Prefettura coordina il lavoro di tutti, organizzando periodici incontri tra i loro referenti del protocollo d’intesa per migliorare sempre di più l’efficacia delle pratiche di prevenzione e lotta alla violenza. L’intesa prevede che tutti i nodi della rete offrano un trattamento omogeneo, seguendo procedure condivise.
La persona vittima di violenza che si rivolge alla polizia oppure ai carabinieri può chiedere un intervento d’emergenza o presentarsi ai loro uffici per sporgere denuncia. Viene protetta e, se occorre, accompagnata al Pronto soccorso per l’assistenza medica necessaria. Viene quindi allertato l’assistente sociale, reperibile 24 ore su 24, che contatta i riferimenti sul territorio. Se la vittima si trova in una situazione di pericolo, l’assistente sociale cerca una soluzione residenziale, cioè un rifugio che possa ospitarla, da sola o anche con i figli. Alcune strutture, infatti, sono attrezzate per accogliere anche i minori.
Se la persona che ha subito un abuso non vuole trasferirsi in una casa-rifugio, l’assistente sociale la mette in contatto con i centri anti-violenza della zona, che possono fornirle assistenza psicologica e legale per avviare un percorso di uscita dalla situazione in cui si trova.
Se la vittima accede al Pronto soccorso dell’Azienda Moscati, il personale la prende in carico nell’ambito del percorso assistenziale dedicato e, al tempo stesso, attiva i contatti con gli altri attori dell’intesa: la aiuta a sporgere denuncia, se è sua intenzione farlo, e, al momento delle dimissioni, attraverso la mediazione dell’assistente sociale, garantisce l’inserimento del soggetto all’interno della rete provinciale, affinché sia tutelato.
Infine, anche nel caso in cui la persona che ha subito un abuso si rivolge in prima battuta ai servizi sociali, a un centro anti-violenza oppure a un presidio ospedaliero dell’Asl di Avellino, tutta la rete provinciale viene coinvolta a seconda delle necessità della situazione specifica.
Poiché intervenire non basta e occorre anche lavorare sulla prevenzione, la Prefettura ha attivato delle misure di vigilanza e protezione nei confronti delle persone a rischio. Sono 320, a oggi, quelle in sorveglianza sul territorio irpino, oltre ad altri casi in cui non è prevista una vera e propria vigilanza, ma le forze dell’ordine effettuano controlli telefonici periodici ■

Quegli abusi spesso invisibili
nei confronti degli anziani
Tra le fasce della popolazione più esposte al rischio di subire violenza c’è quella delle persone anziane. «Soprattutto quelle affette da disturbi cognitivi o patologie croniche che le rendono dipendenti dalle cure di altri e limitano la loro capacità di sottrarsi ad eventuali abusi», dice Nicola Vargas, Direttore dell’Unità operativa complessa di Geriatria dell’Azienda Moscati e componente del Consiglio direttivo della Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio.
Si stima che un anziano fragile su tre sia vittima di violenza di tipo fisico, psicologico o economico, abusi che non è facile identificare perché spesso avvengono tra le mura domestiche e a commetterli è un familiare, un caregiver o comunque una persona di cui la vittima ha fiducia. Raramente, poi, la persona anziana denuncia esplicitamente la violenza: per vergogna, perché teme ritorsioni o perché impossibilitata a comunicare.
«Possiamo sospettare un abuso quando cogliamo dei segnali visitando un paziente in ambulatorio – aggiunge Vargas -. Per esempio, un aspetto generale trascurato e scarsa igiene possono insospettire e far pensare a una condizione di incuria. Oppure ematomi in diverse fasi di evoluzione, lesioni agli arti, contusioni, anche fratture di cui risulta difficile spiegare la causa. Ancora, ulcere da pressione che fanno pensare a uno stato prolungato di immobilità, che non sia conseguenza della patologia di cui soffre il paziente. Quando viene accompagnato da un caregiver, possiamo osservare il rapporto tra di loro. Un caregiver che infantilizza la persona anziana, la interrompe spesso mentre parla, risponde al posto può insospettire perché questi comportamenti possono essere una spia di violenza psicologica».
Se questi e altri segni possono essere riconducibili a un abuso, il personale dell’ospedale attiva gli operatori del team antiviolenza, tra cui il medico legale e l’assistente sociale. «A seconda delle circostanze, vengono allertate le forze dell’ordine e, se occorre, si cerca una residenza protetta sul territorio per mettere in sicurezza la vittima», conclude il geriatra ■
Glossario minimo
Con l’espressione “violenza di genere” ci si riferisce a tutte le forme di violenza psicologica, fisica, sessuale o economica, esercitate nei confronti di una persona a causa del suo genere.
La “violenza domestica” comprende tutti gli atti di violenza psicologica, fisica, sessuale o economica che si verificano all’interno della famiglia o tra attuali o precedenti partner, indipendentemente dal fatto che condividano o abbiano condiviso la stessa residenza.
La definizione di “abuso sugli anziani” comprende maltrattamenti fisici o psicologici, incuria e sfruttamento economico ■
Formazione alla base
delle buone pratiche
Sono soprattutto donne le vittime di abusi che si rivolgono al Pronto soccorso. Sul tema della violenza di genere, l’Azienda Moscati ha tenuto alla fine dello scorso mese di maggio un evento di formazione del personale, in collaborazione con il servizio di Soccorso Violenza Sessuale e Domestica (SVSeD) della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, forte di 30 anni di esperienza nel settore.
«All’incontro, di carattere interdisciplinare, hanno preso parte operatori dell’ospedale milanese, dell’Azienda di Avellino e rappresentanti della rete anti-violenza della provincia: il Prefetto, il Procuratore, il Questore, il Capo della Squadra Mobile e il Comandante Provinciale dei Carabinieri. In sala erano presenti anche operatori dei centri anti-violenza attivi sul territorio», spiega la ginecologa Giussy Barbara, coordinatrice dello SVSeD. La caratteristica fondante del servizio del Policlinico milanese è l’interdisciplinarietà: l’assistenza di persone che hanno subito abusi di tipo fisico, sessuale e psicologico richiede il supporto di professionisti con diverse competenze specifiche, perché oltre alle conseguenze fisiche dell’aggressione, c’è sempre una componente traumatica a livello psicologico che deve essere affrontata. Per conto dello SVSeD, infatti, hanno preso parte all’incontro una ginecologia, una psicoterapeuta, un’assistente sociale e un medico legale. «L’evento era focalizzato sulla necessità di una presa in carico complessiva della donna vittima di violenza, sia dal punto di vista medico che psicologico, attraverso il suo inserimento in un percorso ben collegato alle risorse del territorio e calibrato sulle sue particolarità. Ed è proprio questa la caratteristica che abbiamo voluto valorizzare nel percorso di presa in carico attivato dall’Azienda Moscati, che risulta efficiente e articolato e mette a frutto la grande professionalità dei suoi operatori. Grazie alla collaborazione avviata, sono previsti e già programmati per il futuro altri incontri di questo tipo».
